Il passaporto

Vi ha emozionato il vostro primo passaporto? Ricordate quando lo avete fatto e per quale viaggio?

Ormai ci serve prevalentemente per viaggi intercontinentali, nei paesi dell’Unione Europea giriamo liberamente con la carta d’identità. Siamo europei, dappertutto a casa nostra. Quando andavo a trovare mia figlia a Londra il passaporto mi serviva per fare meno coda ai controlli ma per entrare non è indispensabile poi forse con la Brexit cambierà qualcosa.

Diciamolo, è scontato avere un passaporto, per noi.

In questi mesi ho condiviso l’attesa di un passaporto con Ale, un ragazzo del Mali che vive da un po’ con noi.

Dal Mali è partito di gran fretta, ha provato a chiedere un passaporto ma il tempo d’attesa era lungo, non poteva aspettare.

Deserto, Libia, Mediterraneo, Sicilia, Genova. Questo il percorso, per farvela breve. Ormai abbiamo tante informazioni, ormai sappiamo, non possiamo fingere di non sapere quindi potete facilmente immaginare cosa significa questa sequenza di tappe.

Ale è arrivato, è stato identificato, è entrato in un progetto SPRAR ed è stato bravissimo, determinato, disposto a imparare e sacrificarsi. Oggi lavora e studia.

E vuole rimanere in Italia, continuare il percorso che ha intrapreso, immagina il futuro, una vita migliore di quella dei suoi genitori. Per restare serve il passaporto.

Ci sono immigrati che tornano temporaneamente nel paese d’origine, a volte in condizioni fortunose e di rischio, per farlo. Altri si rivolgono a un intermediario che promette di seguire tutta la pratica nel paese in cambio di un lauto compenso, di solito va a finire male e gli intermediari si tengono i soldi e non rispondono più al telefono. La trafila è lunga, essere accompagnati all’ambasciata da un italiano può servire, telefonare, sollecitare di continuo è indispensabile. Fare un passaporto maliano, vi assicuro, è un esercizio di pazienza e temperanza, è una marcia nel deserto, è un viaggio di cui non si vede  mai la fine. Ma Ale ha già passato il deserto, ha passato il mare, ha resistenza e nervi saldi.

Pochi giorni fa, lunedì mattina, stavamo chiacchierando in cucina come facciamo di solito. Una scampanellata. Ho risposto io. Corriere! Vi assicuro che il mio cuore ha fatto un tuffo e mentre aprivo la porta sentivo che anche il cuore di Ale, rimasto fermo al suo posto, aveva fatto un tuffo e in casa sembrava che nessuno respirasse più, nemmeno i cani.

L’ho chiamato, sulla busta del corriere c’erano il suo nome e il suo cognome. Ha firmato. Ha aperto la busta in un tempo da record e voilà, ecco un rettangolo di cartoncino verde ( sì, quello del Mali è verde) con il contorno dorato dell’Africa e lo spazio grande dello stato del Mali in evidenza, pieno di quell’oro luccicante. Abbiamo riso, l’ho abbracciato forte, abbiamo mandato un video al resto della famiglia e al gruppo di Refugees Welcome: è arrivato il passaportooooooo.

Quando Renato è tornato a casa abbiamo brindato con la Coca Cola.

La sera, a cena, c’era mia figlia, la figlia di mio marito, un loro amico. Il passaporto è passato di mano in mano come un oggetto prezioso e importante. Lo è. Lo è anche il nostro, lo è per tutti, è una garanzia di possibilità di circolazione, è un’attestazione di identità riconosciuta dappertutto.

Appena avrai il permesso di soggiorno potrai viaggiare, gli abbiamo detto. Eleonora lo ha invitato a Londra, Zene ha detto: andiamo tutti insieme.

Potrai vedere Parigi, che, lo sappiamo, è la città dei colonizzatori del Mali, ma non si può non vedere Parigi. Parigi è di tutti mica solo dei francesi, ho detto. Ale poi parla francese con un accento da parigino, ha studiato alla scuola francese, unico della sua famiglia, perché sua madre aveva capito subito che quel suo figlio più piccolo aveva una bella testa.

Lui sorrideva alle nostre fantasie di viaggi, in pochi minuti gli abbiamo fatto fare il giro d’Europa.

” A gennaio- ha detto con un sorriso- andrò a vedere la mia mamma”. Non la vede da quattro anni.

Io allora ho guardato il passaporto che continuava a essere sfogliato ed esaminato: restituitegli questo passaporto, non sciupatelo. Quasi li ho sgridati ma facevo così perché ero commossa.

One thought on “Il passaporto

  1. Ogni tanto incontro Ali. E sono contenta che vi siate incontrati voi tutti e lui che come giustamente la sua mamma aveva intuito la marcia in più la ha.

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